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L'uomo è Forte



L'UOMO È  FORTE
Spettacolo liberamente tratto dall’omonimo romanzo di
CORRADO ALVARO

Dieci anni prima di "1984" di George Orwell, Corrado Alvaro scriveva "L'uomo è Forte"

“Non ci apparteniamo più. Qualcosa ci ha invaso. Qualcuno è padrone di noi. Non materialmente, ma moralmente. Ha invaso i nostri sogni, i nostri pensieri, i nostri propositi e la nostra volontà” (C. Alvaro - "L'uomo è forte", dal discorso del Direttore all’ingegnere Dale)

Regia: Americo Melchionda

Interpreti e Personaggi:
Americo Melchionda - Roberto Dale
Maria Milasi - Barbara
Kristina Mravcova - Segretaria / Inquisitore / Infermiera
Gianfranco Quero - Direttore
Andrea Puglisi - Intellettuale, Isidoro, Inquisitore
Benedetta Nicoletti - Inquisitore


Adattamento e Drammaturgia: Maria Milasi, Americo Melchionda, Emanuele Milasi
Scenografie: Gabriele Lazzaro, Virginia Melis
Costumi: Malaterra
Disegno Luci: Enzo Panarelli
Audio: Antonino Neri
Voci Off: Stefania De Cola (Olga); Alessandra Chiarelli (Anna); Silvio Cacciatore (Portiere) e gli interpreti dello spettacolo.
Si ringrazia Ilisso Edizioni e Rubbettino Editore
Nuovo allestimento 2022

Tratto dallo straordinario romanzo distopico di Corrado Alvaro scritto nel 1938, romanzo per molti, e a ragione, precursore di 1984 di George Orwell, lo spettacolo “L’Uomo è Forte” nasce dal desiderio della compagnia Officine Jonike Arti di continuare a veicolare l’opera del grande scrittore calabrese Corrado Alvaro (tra le produzioni pregresse “Lunga Notte di Medea”), abbracciando la sfida creativa di trasporre e adattare il romanzo per il teatro.
L’uomo è forte di Corrado Alvaro fu pubblicato nel 1938 da Bompiani dopo aver subito pressioni da parte della censura del regime fascista che oltre ad imporre il cambio del titolo (il titolo originale avrebbe dovuto essere “Paura sul mondo”) e il taglio di circa venti pagine, fece inserire una premessa che specificasse che la vicenda era ambientata in Russia. Ma quello che i censori del tempo non avevano capito era che il romanzo di Corrado Alvaro, anche se scritto dopo un suo viaggio nella Russia Sovietica e apparentemente ambientato in quel contesto, era frutto di una sua profonda riflessione sulla condizione di oppressione e pressione psicologica a cui è esposta l’umanità in ogni luogo e tempo quando impera un regime totalitario. Si, perché l’ambientazione del romanzo, scaturita certamente dalle esperienze alvariane di quegli anni, aldilà di particolari che possono far pensare a riferimenti precisi di città e periodi storici, ci rimanda in realtà a ogni regime che ha funestato e funesta la storia degli uomini, perché in ogni pagina de L’uomo è forte “corre un allarme, o peggio ancora un incubo, l’incombere di un pericolo, la persecuzione della libertà, una libertà che non è, si badi, il ‘privato’, ma il rapporto autentico, radicale, primigenio, con la vita”. L’uomo è Forte è una storia d’amore traviata dal sospetto, è anche la storia della natura umana che si mortifica e si annulla quando è permeata da ideologie dittatoriali e falsi credi, è l’annientamento dei sentimenti più puri perché fragili e facilmente plasmabili dal quel potere totalitario sottile e insinuoso, che non pretende genericamente sottomissione e obbedienza, ma aspira al dominio della sfera più intima delle persone, fino a plasmarne corpo, anima e coscienza.

Sinossi
Dale è un ingegnere che decide di tornare nel suo paese d’origine dopo decenni trascorsi all’estero. Nel suo paese si era risolta una lunga guerra civile tra bande e partigiani, con la vittoria dei partigiani e la costituzione di una nuova era dove il regime costituito poteva “finalmente” garantire pace, sicurezza e “felicità” al popolo. Ma il pericolo non sembrava del tutto scongiurato, e lo spettro dei controrivoluzionari, dei “nemici del popolo”, così come venivano additati dalla propaganda del regime che si insinuava nella vita quotidiana dei cittadini quasi come monito, alimentava tra la gente il sospetto reciproco.  In questo paese, il passato è messo al bando, esiste soltanto il presente in cui tutti sono tenuti a vivere liberandosi di ogni oggetto o ricordo che potrebbe riportare pericolose nostalgie: ogni cosa, dagli edifici ai semplici suppellettili, deve essere svuotata di ogni significato storico e resa vana dalla costruzione del nuovo mondo.
Dale al suo arrivo, era convinto che finalmente nel suo paese di origine avrebbe potuto ricominciare a vivere inseguendo veri ideali e costruendo il futuro. Inoltre, si ricordava di Barbara, una vecchia amica con cui era riuscito in dieci anni di separazione, anche se ad intervalli, a mantenere i contatti attraverso alcune cartoline: “Dale, abbiamo avuta la guerra con le Bande e ora siamo vittoriosi e tranquilli. Perciò le scrivo. Meglio tardi che mai. Dopo cinque anni di assenza, ho fatto ritorno alla Capitale, come era mia speranza, e mi trovo bene e lavoro. Meglio tardi che mai. Ci venga a trovare. Tanti saluti da Barbara.” Sembrava agli occhi di Dale una nuova donna Barbara, se la immaginava ora simbolo di quella nuova umanità nata da una sanguinosa rivoluzione. Gli sembrava di vivere all’estero in una società sfatta, usata, per questo aveva deciso di ritornare nel suo paese.
La storia d’amore tra Dale e Barbara si consuma e si autodistrugge in quel paese innominato dove tutti possono essere incriminabili, basta sapere aspettare, e dove tutti possono essere “inquisitori”.  Anche il sentimento più puro come l’amore, poiché non condiviso ma privato, può diventare l’anticamera di un imminente delitto contro la sicurezza del popolo, un tramite pericoloso di corruzione da cui doversi liberare per non essere coinvolti. Non esiste vera libertà, persino i gesti più quotidiani si compiono con il disagio di poter essere colti in fallo, con l’incubo di essere ad ogni istante spiati, in strada, attraverso le mura della propria dimora, al lavoro, nei rari momenti di svago e …nei pensieri. Già nei pensieri, si perché l’onnipresenza dell’entità che detiene il potere arriva ad insinuarsi nell’animo degli individui fino a destarne fascinose adulazioni e dipendenze, e disastrosi sensi di colpa.
Un episodio arriva a destabilizzare Dale: la condanna di un giovane “intellettuale” che Dale aveva conosciuto dagli “Zigani”. Forse era stato proprio lui senza volerlo ad indirizzare le attenzioni su quel giovane raccontando del suo incontro alla Segretaria, forse adesso credono che anche lui possa essere coinvolto in azioni controrivoluzionarie! Dale capisce che chiunque può avere il potere di denunciare anche per piccole inezie e si sente perseguitato dall’Inquisitore.
Persino la Segretaria e il Direttore, due personaggi chiave, appaiono a Dale ambigui e imperscrutabili: forse sanno qualcosa, ma cosa? Cos’è che sanno, qual è il segreto di Dale? Dale capisce troppo tardi che non è il peccato ad indurre il sospetto, ma è il sospetto che prima o poi genera il peccato.




 
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